Buongiorno Domenico, raccontaci un po’ chi sei e la tua carriera professionale
Mi chiamo Domenico Vitale e sono un risk manager. Sono originario di Siderno, che si trova nella profonda Calabria e nel 2004 ho deciso di venire a Bologna per studiare. A differenza di oggi all’epoca non c’erano tante università di buon livello nel Sud Italia. Dopo essermi laureato all’Università di Bologna in Finanza è cominciata la mia carriera professionale, e sono partito dedicandomi alla gestione dei rischi. Inizialmente gestivo quelli di tipo industriale anche se il mio obiettivo era quello di governare i rischi di mercato, ovvero i tassi d’interesse, tassi di cambio e i tassi del valore delle azioni. La prima esperienza che mi è capitata in ambito professionale è stata in una impresa multiutility del Comune di Bologna ovvero Hera e mi occupavo appunto della gestione dei rischi aziendali. Il tema mi appassionava e quindi ho deciso di specializzarmi in maniera più approfondita nel settore, in particolare su cosa deve fare un’impresa per prevenire eventuali pericoli finanziari e non. Ho approfondito ulteriormente grazie ad un Master in risk management, il quale mi ha dato la motivazione per approcciarmi alla consulenza per la gestione dei rischi aziendali in cui ho lavorato per tre anni. Successivamente mi è venuto il desiderio di andare a lavorare nell’agenzia assicurativa di famiglia, infatti oggi sono un agente di assicurazione e gestisco piccole imprese e privati. Con il mio lavoro cerco di avvicinare le due realtà Bologna/Siderno. Ogni viaggio che faccio cerco di portare il meglio da entrambe le realtà. Mi definisco un “controemigrato” che vive a Bologna ma lavora a Siderno
Come vedi attualmente il tuo settore? Quali evoluzioni ha avuto nel tempo?
Bisogna fare una distinzione tra il risk management e il settore assicurativo: il primo avrei desiderato che si sviluppasse maggiormente in Italia, invece non ha preso piede ed è ancora presente una logica troppo tradizionale. Non ci sono molte aziende che sono propense a sottoporsi ad una consulenza sulla gestione dei rischi non assicurativi e siamo ancora rimasti alla cattiva abitudine da parte delle imprese di non prevenire potenziali rischi che possono poi avere ripercussioni impattanti per l’impresa. Le assicurazioni invece sono cambiate tanto, l’evoluzione che ho apprezzato maggiormente è la transizione verso il mondo digitale, in passato era necessario stampare tutti i documenti assicurativi, mentre adesso il cliente acquisisce tutto digitalmente e ha anche l’opportunità di firmare i contratti a distanza tramite firma digitale oppure con OTP. In questo modo il cliente è più soddisfatto e noi agenti abbiamo una gestione documentale più snella che ci permette di concentrarci sulla parte core del nostro lavoro! Un altro miglioramento riguarda i prodotti assicurativi in sé; infatti, a differenza del passato, è possibile assicurare quasi tutto e questo ha un alto valore per il cliente per sentirsi più protetto da eventuali eventi incerti futuri.
Ci piacerebbe approfondire con una domanda tecnica, quindi qual è la differenza tra un risk manager e un assicuratore?
Il risk manager è un consulente, il cui compito è individuare i rischi dell’impresa e consigliare al cliente come gestirli. Significa che questi rischi li può assicurare, li può mantenere, li può trasferire anche ad un ente terzo oppure può comprare uno strumento finanziario che copra da quella tipologia di rischio. L’assicuratore invece capisce quali sono i possibili rischi assicurabili che corre il cliente e trova un prodotto che possa essere coerente, quindi è in piccola parte un risk manager ma ha un taglio molto più operativo.
Cosa ti ha spinto ad entrare a far parte di un coworking?
Come ho detto prima l’agenzia che gestisco ha la sede legale in un’altra città, ma dal 2004 sono qui a Bologna e abito con mia moglie e mia figlia. Mi serviva un luogo che mi potesse permettere di avere un appoggio su Bologna e che mi desse la possibilità di incontrare i clienti in alcune sale riunioni e gestire il mio lavoro in un luogo professionale. Questo è stato possibile anche grazie all’evoluzione che il digitale ha avuto nel mondo assicurativo, infatti riesco a contattare i miei clienti senza la necessità di vederli fisicamente. Il coworking mi permette comunque di incontrarli nel caso in cui ci siano necessità particolari.
Cosa ti aspettavi venendo qui a Mug?
Ad essere onesto non mi aspettavo di trovare un ambiente così stimolante, per me entrare in un coworking era un’esperienza totalmente nuova e non avevo grandi aspettative, pensavo di locare una semplice scrivania ma non è stato così! Ho trovato veramente un laboratorio di idee, ogni giorno ho l’opportunità di confrontarmi con persone che fanno dei lavori totalmente opposti al mio, ma ho la possibilità di rimanere aggiornato in settori completamente differenti e questo arricchisce il mio bagaglio personale e professionale. Il punto di forza è davvero la moltitudine di occasioni di crescita e di sviluppo che ci sono, infatti ogni giorno c’è sempre qualcosa da imparare! Ritengo che lavorare in un coworking abbia più potenziale rispetto a farlo in un’azienda perché in quest’ultima ti confronti solo con colleghi che fanno il tuo stesso lavoro, mentre in coworking si ha la possibilità di avere molteplici visioni in ambiti professionali e culturali diversi dai propri!
Quale pensi che sia il tuo fattore distintivo e differenziante rispetto ai colleghi in ambito assicurativo?
Un mio fattore distintivo è l’esperienza maturata come risk manager, infatti io non devo vendere ad ogni costo le polizze assicurative. Il mio obiettivo è quello di diffondere risk-culture, ossia cultura del rischio, proponendo soluzioni adatte al cliente. Poi, nel caso in cui io sia stato bravo a fare capire al cliente le soluzioni giuste e adatte a lui, allora abbiamo vinto entrambi, se invece non sono riuscito a trasmettere la mia visione rimango comunque soddisfatto per aver fatto una consulenza il cui obiettivo è quello di far suonare alcuni campanelli d’allarme.
Pensi che tutti i cambiamenti degli ultimi anni, ovvero il Covid, le guerre o calamità naturali abbiano influito sul settore assicurativo?
Assolutamente sì! Tutti questi eventi citati influiscono direttamente e indirettamente sul mercato assicurativo: la probabilità che si verifichi un rischio cambia e di conseguenza anche i premi. Ci sono stati parecchi effetti inflattivi, basti pensare al caro energia che ha generato un aumento indiretto del costo della manodopera, per esempio questo ha portato ad un aumento del costo di riparazione di un paraurt che prima alla compagnia poteva costare 1.200 € per ripararlo, mentre adesso costa 1.500 €. Per questo motivo poi le assicurazioni devono ribaltare questi costi sul premio assicurativo che deve pagare il cliente. Un altro esempio concreto che posso menzionare sono gli eventi climatici avvenuti negli ultimi anni: prima i premi avevano un costo minore in quanto questi eventi climatici avevano una bassa probabilità di verificarsi, mentre adesso questi eventi avversi capitano sempre più spesso con conseguenze sempre più gravi e potenti.
Hai in programma qualcosa di diverso per la tua attività in futuro?
Il mio lavoro si basa molto sulle relazioni umane, io mi fido tantissimo delle persone e quindi sono abituato a delegare. Oggi stiamo lavorando alla trasformazione dell’Agenzia da assicurazione tradizionale a una società di Consulenza dove tutti devono essere in grado di generare sempre idee nuove e di valore, ecco perché la mia idea sarebbe quella di creare una mia agenzia con tanti piccoli Domenico Vitale. Mi piacerebbe che ognuno possa svolgere tutte le mansioni della filiera dell’agenzia, questo permetterebbe di essere molto indipendenti e flessibili nel lavoro che si svolge. Per fare ciò è di fondamentale importanza che anche l’imprenditore impari il più possibile a delegare e a fidarsi dei propri collaboratori, costruendo la relazione sul rapporto umano.
Viste le tue differenti esperienze passate, preferisci essere un libero professionista o un dipendente?
Sono attività molto diverse, entrambe mi hanno formato molto e mi hanno reso il professionista che sono oggi. Ci sono pro e contro in ambedue: da dipendente ero sicuramente più sereno a livello mentale, indipendentemente dai compiti più o meno complessi che dovevo svolgere, una volta conclusi l’attività terminava lì. Al contrario come libero professionista ci sono una serie di attività correlate che esulano dalla mia professione, ma che comunque bisogna gestire, ad esempio il commercialista, l’avvocato, la gestione dei pagamenti e via dicendo… Però come dipendente avevo la sensazione di perdermi occasioni e soddisfazioni professionali fuori dalla mia confort-zone e quindi sentivo la necessità si esplorare nuovi orizzonti, se devo fare un paragone utilizzerei il seguente: essere dipendente vuol dire essere su una barca con il mare calmo, mentre essere libero professionista significa avere una zattera e navigare in acque abbastanza burrascose ma con la possibilità di visitare nuovi orizzonti. Ora sicuramente sono più stanco ma molto più soddisfatto!
Per concludere ti chiediamo una frase che ti contraddistingue e magari un film/canzone/libro che hai intenzione di suggerirci.
Ci tengo a condividere la mia frase che definisco anche il mio cavallo di battaglia: “ciascun problema nasconde una vasta gamma di opportunità, quindi il problema non è mai un problema.” Penso davvero che qualunque ostacolo possa generare molteplici opportunità in quanto si ha la possibilità di attivarsi mentalmente per poter trovare una soluzione, io sono sempre molto positivo e vedo il bicchiere mezzo pieno. Per quanto riguarda i film mi ha sempre preso molto lo stile di Sorrentino, in particolar modo l’accoppiata tra Sorrentino e Servillo mi è sempre piaciuta e se devo farvi un nome di un film, vi suggerisco “Le conseguenze dell’amore”.