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MUGAZINE – ROBERTO PASQUALI

Buon pomeriggio Roberto, partiamo dalla tua storia…

Buon pomeriggio a tutti, sono Roberto e sono nato qualche decennio fa a Giulianova, un paesino tranquillo della provincia teramana in Abruzzo al confine con le Marche e, leggendo un libro di matematica a 17 anni, ho deciso quale sarebbe stata la mia vita professionale. All’epoca facevo il secondo anno di liceo scientifico perché mia mamma voleva che diventassi avvocato, ma appena ho scoperto l’esistenza dell’informatica e qualcosa riguardo ai primi computer, visto che mi piaceva già la matematica, mi innamorai di questa professione, mi feci bocciare e cambiai scuola. Ovviamente arrivarono gli insulti di mamma e papà che mi dicevano di scegliere un lavoro decente o quantomeno normale, perché all’epoca non si sapeva neanche cosa fosse la figura del programmatore. Io però trovai una scuola tecnica a Teramo dove c’era il primo corso nel quale veniva insegnata questa nuova materia e da allora sono programmatore. Poi per fortuna anche mia mamma si è ricreduta e mi ha dato supporto.

Quindi la tua scelta professionale è nata molto tempo fa, ma comunque rimane quella giusta per te…


Esatto, l’informatica per me è stata prima di tutto una passione, che poi è diventata una professione. Dopo la scuola tecnica ho dovuto fare l’anno da militare, ma poi iniziato subito a fare il programmatore, da lì ho lavorato per 35 anni sempre per la stessa azienda. Ho dovuto studiare in autonomia, perché allora l’università di informatica non c’era e quindi il mio percorso di crescita professionale è stato sostenuto dalla passione e dalla voglia di imparare. Mi sono sempre documentato continuo a farlo anche adesso, mi piace conoscere nuove tecniche, nuovi linguaggi, nuove tecnologie…

Nel tuo ambito sicuramente importante continuare a studiare sempre, ci sono stati molte evoluzioni durante la tua carriera?

Si, è necessario, e per questo continuo a farlo anche adesso. All’epoca non c’erano libri da studiare, ma potevi trovare solo le prime riviste specializzate dove si parlava dei nuovi linguaggi e delle tecnologie in arrivo. Pensa che quando ho cominciato io c’era l’MS-DOS poi ho visto arrivare Windows3.1… Allora avere un hard disk da 20 Megabyte costava quasi un milione di lire, adesso si parla di Terabyte, quindi capisci quante cose siano cambiate. Anche Windows 3.1 era un lusso, paragonabile oggi ad avere l’ultimo iMac o iPhone… Tornando al discorso, per studiare c’erano solo riviste specializzate, Internet allora era un mondo che stava nascendo per cui non potevi trovare lì le informazioni che ti servivano. Programmare era molto faticoso, soprattutto per l’aspetto del codice, bisognava scrivere molto codice e per esempio non c’era neanche il mouse, che ho iniziato a usare solo dal ’95. Anche le interfacce che siamo abituati a vedere oggi non c’erano, avevi solo la tua tastiera e un monitor in modalità carattere 85×80, con quello dovevi fare tutto.

Ora la tecnologia continua a crescere molto velocemente, tu hai visto in questi anni tantissimi cambiamenti, come stai vivendo per esempio l’utilizzo diffuso intelligenza artificiale a supporto della programmazione?

L’intelligenza artificiale non mi fa paura perché sostanzialmente è un programma, quindi non esiste un programma che non sbagli, perché è fatto da persone imperfette che sono i programmatori. C’è un modo di dire tra i programmatori che è “quando un programma funziona perfettamente è passato così tanto tempo che è arrivata l’ora di cambiarlo perché non è più supportato dall’hardware, e quindi bisogna fare quello nuovo”. Io, comunque, a volte utilizzo l’intelligenza artificiale perché mi permette di evitare il tedioso compito di dover scrivere del codice ridondate. È uno strumento di supporto che però non sostituirà mai del tutto la testa e la creatività del programmatore. Sono convinto che per programmare serva anche della fantasia, e vedo la figura del programmatore un po’ come un artista che è capace di creare qualcosa dal nulla.  

Come hai vissuto il tuo ingresso a MUG? Tra l’altro sei arrivato proprio una mattina nella quale c’era una delle nostre colazioni.

 Ho trovato MUG su Google Maps e visto che era comodo livello logistico sono entrato una mattina per vedere come fosse. Ho avuto subito la sensazione che si trattasse di un posto non solo dove poter lavorare, ma di condivisione e di momenti informali insieme ad persone che fanno altre professioni. Ho visto quindi scambi di idee e di suggerimenti di qualsiasi tipo, e quindi mi sono trovato da subito bene, anche perché ci sono molte persone giovani e simpatiche. In passato ho lavorato in un altro coworking, ma non era di questo tipo e soprattutto non c’erano queste belle persone che migliorano le mie giornate.

Al di là delle differenze di provenienza, età, professione, hai trovato comunque il tuo posto qua…

Sì il fatto di avere persone che fanno lavori diversi non è solo uno stimolo, ma genera anche situazioni di cooperazione. Io sono diventato un po’ il referente informatico degli altri coworkers e quando c’è bisogno di un consiglio o un parere nel mio ambito sono sempre contento di darlo. Mi piace condividere conoscenza.

Oltre alla programmazione hai fatto altri lavori?

No, ho sempre fatto il programmatore perché è una cosa che mi appassiona talmente tanto per cui anche nei momenti liberi non è che mi metto a intagliare il legno o a curare altri hobby. Preferisco piuttosto studiare qualcosa oppure giocare ai videogames. Quando non sono davanti a uno schermo mi piace passeggiare in montagna, soprattutto dalle mie parti.

Oltre che per la programmazione sei un early adopters anche per i videogame… Come li hai visti evolvere in questi decenni?

Sì, ho sempre giocato anche prima dei 17 anni. I primi videogame che ho fatto erano abbastanza orrendi, tipo il famoso pong (tennis) e gli altri da sale giochi. Poi nel tempo si sono evoluti insieme alla tecnologia, comunque è sempre stata una passione che mi rilassa, e quando sto lavorando e sento il bisogno di riposare la mente gioco ai videogame. Anche perché non ho un momento specifico per lavorare, a volte lavoro di notte e a volte mi vengono le idee migliori nei momenti più improbabili. Quindi ci sono le giornate nelle quali di giorno mi rilasso e gioco ai videogame e poi di notte sono molto produttivo.

Ci sono momenti specifici della tua carriera che hai voglia di raccontare?

Diciamo che i momenti di soddisfazione arrivano tutte le volte che so che un mio programma viene utilizzato e che quindi sta aiutando qualcuno a fare qualcosa. Al di là dell’aspetto economico, che comunque ci vuole, è piacevole sapere qualcosa che ho creato sta facilitando la vita alle altre persone. Fortunatamente non ho avuto momenti lavorativi particolarmente brutti, diciamo che il fatto che non mi sono mai fermato con la formazione e che ho fatto della mia crescita professionale una questione di gusto mi ha aiutato. Quando studiavo non lo facevo per guadagnare di più, ma per il piacere di conoscere davvero quello di cui mi occupavo. Il mio sogno quando andrò in pensione, infatti, sarà quello di laurearmi in matematica. Mi ha sempre appassionato, ho avuto la fortuna di avere una maestra alle medie che mi ha fatto innamorare della materia e da lì ho sempre voglia di approfondirla. Penso di avere avuto anche la fortuna di incontrare l’informatica al momento giusto, cioè all’inizio della sua diffusione.

Hai qualche consiglio da condividere con i lettori di MUGAZINE?

Quello che posso dire, che viene anche dalla mia esperienza, è di condividere il proprio sapere e le proprie emozioni con gli altri, perché poi sono cose che rimangono, anche al di là dell’aspetto lavorativo. Condividere momenti della vita con gli altri, sia quelli belli che quelli brutti, è qualcosa che ti arricchisce e che ti permette di creare un rapporto che può aiutarti molto in alcune fasi. Quindi consiglio a tutte e tutti di condividere le proprie emozioni e le situazioni con le altre persone, sia sul lavoro che nella vita privata. Un suggerimento più leggero invece è quello di guardare i film di fantascienza, a me piacciono molto!

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